Cittiglio (Varese) 11 agosto 1902 – 19 luglio 1986.
Straordinario per classe, stile e potenza vinse tra l’altro cinque Giri d’Italia (1925, 1927, 1928, 1929, 1933), due Milano-Sanremo (1929, 1931), quattro Giri di Lombardia (1925, 1926, 1927, 1931), tre campionati del mondo (1927, 1930, 1932), quattro campionati italiani consecutivi (1926-1929). Diventato ct della nazionale, condusse Gino Bartali (1948), Fausto Coppi (1949, 1952), Gastone Nencini (1960) alla vittoria nel Tour de France, Fausto Coppi (1953) e Ercole Baldini (1958) alla vittoria nel mondiale.
Figlio di Maffeo, imprenditore edile, decimo di quattordici figli, Binda cominciò a correre in Costa Azzurra, dove era andato a imparare dallo zio il mestiere di stuccatore. Non ancora ventunenne, colse il primo importante successo: «Nizza-Mont Chauve: la più dura corsa in Costa Azzurra. Arrivo in salita: aspra, cattiva, sterrata. “Maledettissime erte”. Una classica allora, negli anni Venti. Eletta a Gran Criterium Internazionale della Montagna. Alla partenza francesi, belgi, spagnoli, italiani. Scalatori. L’Italia era rappresentata dal numero uno: Costante Girardengo. E anche dal numero due: Tano Belloni. Invece quel 4 marzo 1923 vinse uno sconosciuto, all’esordio fra i professionisti. I giornali di Nizza ingigantirono la titolazione: Grande sorpresa in vetta al Mont Chauve. La matricola dei professionisti Alfredo Binda sbaraglia i più forti scalatori del ciclismo mondiale!».
Binda tornò in Italia nel 1924 grazie all’interessamento del campionissimo Costante Girardengo, che contattato il direttore del Palazzo dello Sport di Milano lo fece ingaggiare per due riunioni: «Bastò la prima perché quelli della Legnano gli facessero firmare un contratto a vita». Le sue vittorie al Lombardia divennero leggendarie: una volta si disse che durante la corsa aveva mangiato 28 uova, un’altra che tornando a Varese in treno dopo la premiazione di Parco Sempione, arrivato nei pressi di casa aveva visto un gruppo di corridori ancora impegnati nel suo inseguimento. Vinto il Giro del 1925, 2° nel 1926 solo per colpa di una caduta, Binda dominò le edizioni del 1927, 1928 e 1929 al punto che pur di non fargli correre quella del ’30 la Gazzetta gli promise le 22.500 lire spettanti al vincitore. «La gente gli rimproverava di non tirare fuori il cuore: la verità è che non ne aveva bisogno» Abbandonato il Tour del 1930, che l’aveva visto vincitore sui Pirenei e nel quale avrebbe probabilmente dominato anche sulle Alpi (tornò a casa con una scusa perché non gli avevano ancora versato i soldi per non andare al Giro), lo stesso anno Binda si rifece vincendo il suo secondo titolo Mondiale: già trionfatore nella prima edizione (1927) davanti a Girardengo, stavolta precedette Learco Guerra. Nel 1932 fece tris e l’anno dopo tornò a vincere il Giro d’Italia. Fu quella l’ultima grande vittoria di una carriera con pochi eguali.
La volta che chiesero a Eberardo Pavesi, il più grande conoscitore della storia ciclistica dagli albori agli anni ’70, chi fosse stato più grande tra Fausto Coppi ed Eddy Merckx, quello rispose sogghignando: «Il migliore, per mi, l’era el Binda».